Seduto a terra, all’esterno del rifugio, il vampiro cercava di non udire i lamenti di Njmue provenire dall’interno. Avrebbe voluto starle accanto al momento del parto, ma gli era stato vietato per la sicurezza stessa della donna e del bambino.
Era pur sempre un vampiro, ed era sempre sconsigliato porre un vampiro alla vista e all’odore del sangue.
Così se ne stava fuori, in attesa, a contemplare la notte finchè, ad un tratto, vide un gatto nero uscire dall’oscurità.
Poggiò il mento sulla spalla e alzò il labbro superiore finchè i canini s’allungarono e risplendettero alla luce della luna. Il gatto lo fissò e per un attimo sembrò indietreggiare incerto se proseguire verso il vampiro. Poi inarcò la schiena e mostrando i denti piccoli e affilati cominciò ad avvicinarsi a Lestat quasi ipnotizzato dal suo sguardo magnetico.
Gli salì sul ginocchio e camminò lungo la gamba e il petto per fermarsi ad un centimetro dal suo volto.
La mano del vampiro lo afferrò alla schiena e lo tenne davanti a sè, così vicino alla bocca che parve volesse addentarlo.
Il gatto non mosse un muscolo, si limitava a fissarlo dritto negli occhi.
Poi una voce giunse nitida alla mente di Lestat.
“Vengo a te da parte dei Risvegliati, coloro che plasmarono l’universo.
Questa è la notte in cui sia i morti che i vivi sono in attesa che si compia il fato e così il destino di tutto ciò che è sopra come quanto sta sotto.
Non vi è creatura buona o malvagia che non sappia.
Né mortali o immortali, o figli della luce o delle tenebre.
Tutti vegliano per sapere a chi sarà dato sopravvivere sulla terra o marcire sotto di essa per mano o per volere di quel bambino che è figlio tuo e che sta per nascere.
Sono qui per sapere e per riportare là, dove la voce non può giungere.
Io sono Azmut, un risvegliato!”
Le parole riecheggiarono sicure. Non c’era velo d’incertezza, non un ombra di menzogna.
Il vampiro posò a terra l’animale nel momento stesso in cui il pianto di un neonato tagliò il silenzio.
Tutto si fermò, compreso il tempo.
In ogni angolo del mondo, anche il più sperduto, ogni essere vivente, di qualunque appartenenza o dimensione, si immobilizzò nella posizione stessa in cui era. E così gli spiriti, i demoni e tutte le entità appartenenti alla terra.
Parve come se la nera e immensa ombra della morte fosse sopraggiunta a mettere fine ad ogni alito di vita.
E immobile era il cielo e la natura. Immobili, come morti.
Ma non lo erano.
Ed il silenzio era assoluto e doloroso per tutte quelle orecchie in attesa di poter ascoltare…
E la voce si levò. Alta e forte. Una voce che incuteva paura ma che era allo stesso tempo dolce e protettiva come quella di una madre che parla ai suoi figli. Con una fermezza che non ammette repliche, ma anche con una non celata vena d’amore.
E, fuori da ogni dubbio, era una voce femminile.
” Sono Kishar, figlia di Njmue e Lestat,
delle tenebre e della luce, del Bene e del Male, del fuoco e della cenere.
Procreata maschio e nata femmina perchè l’uno non possa mai, in alcun luogo nè forma, esistere senza l’altro.
E perchè in me vi siano tutti i componenti stessi della natura.
Non vi è rumore che io non possa udire, o lingua che io non possa comprendere, nè sangue di cui io non conosca il sapore, nè nome con cui io non sia stata chiamata.
Io sono Kishar.
E sento le grida degli Angeli a cui sono state strappate le ali, e la furia dei Demoni che vogliono sfuggire all’eterna notte.
E so che ci sono esseri orripilanti che hanno amato corpi di donne e il loro seme è divenuto frutto e ha dato vita ad uomini che uccidono altri uomini.
Forze che combattono altre forze per ottenere il predominio eterno sulla vita e sulla morte.
E vedo immense e terribili ferite che lacerano.
E tanta sete e fame… mentre nei fiumi scorre il sangue.
E vi dico che ancora tanto sangue scorrerà perchè la pace possa tornare a regnare su questa terra.
Io sono Kishar.
Colei che aprirà e chiuderà le porte di tutti i mondi!”
Fine……per ora….©
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