Le notti di Lestat
Il combattimento era stato duro ed estenuante, ma anche stavolta aveva avuto la meglio. Il suo avversario era un vampiro appartenente ad una delle sette più sanguinarie e gli aveva teso un agguato mentre nella notte vagava, solitario, alla ricerca di cibo.
Ormai sapeva di essere considerato un traditore dai suoi stessi simili, un pericolo da eliminare. Ai vampiri non era concesso avere un’anima, e il suo amore per la strega Njmue lo rendeva nemico non solo della sua stessa specie, ma dell’intero mondo del male.
Sfinito e dolorante, mai come in questo momento sentiva la necessità di sangue umano. La battaglia cruenta appena combattuta, aveva scatenato in lui il più basso istinto, si sentiva come impazzito, febbricitante…
Erano da tempo immemorabile che non beveva sangue di donna, da quando lo promise a lei, la donna che amava. Uccideva animali randagi o andava a razziare negli allevamenti, e solo in pochi casi si era sfamato di barboni o delinquenti, di quelli considerati dagli umani come feccia, così da sentire meno il rimorso per averli uccisi. Ma il sapore del sangue delle donne, soprattutto delle vergini, era molto più dolce e molto più rigenerante per il suo corpo.
Era ancora affamato quando venne attaccato, ed ora lo era ancora di più, molto di più…
Cercò di pensare a lei , ai suoi occhi, ai suoi lunghi capelli scuri e nel frattempo continuava a camminare odorando l’aria tutt’intorno come un animale a caccia.
Girò l’angolo della via e, prima ancora di vederla, si sentì invadere dal suo odore fin dentro le viscere. Era giovane e camminava spedita con una sporta della spesa. Lei sicuramente intuì il pericolo perché si voltò e di riflesso aumentò il passo.
Lui le fu addosso in un attimo e neppure un grido uscì dalla bocca della sventurata. I denti di Lestat penetrarono nella sua carne tenera e si immersero nel suo sangue che lui bevve avidamente fino all’ultima goccia.
Si sentì immediatamente rinascere mentre un piacere estatico lo pervase fino a fargli perdere , per un attimo, ogni ragione.
Poi si sollevò dalla sua preda e guardò il corpo esanime della ragazza cadere a terra senza più vita. Gli occhi erano spalancati sull’ultima espressione di terrore e sembravano ancora fissarlo…
” No, no, no!! Maledizione, cosa ho fatto! ”
Un grido acuto e terrificante gli uscì dalla gola spargendosi nell’aria come una nebbia ostile e facendo rabbrividire ogni essere vivente che ebbe la sventura di udirlo .
Poi con un rabbioso balzo spiccò il volo sul tetto di una casa e fuggì lontano nell’oscurità.
Distante, nel bosco, Njmue stava versando in alcuni contenitori un preparato che aveva appena tolto dal fuoco. Sollevò di scatto la testa come se avesse sentito un rumore improvviso . Chiuse gli occhi e un’ondata di dolore e rabbia la colpì in pieno petto e le strinse il cuore togliendole il respiro.
” Lestat….”
Si alzò e andò alla finestra. Oltre i vetri l’oscurità era completa e non si sentiva alcun suono provenire dalla foresta.
Lui era là fuori, da qualche parte e stava soffrendo . Una lacrima scese dai suoi occhi e cadde sui piedi scalzi.
Il richiamo della passione
Lui l’attendeva ai margini del bosco quando udì, in lontananza, i passi di lei. Sul sentiero sconnesso, erano quasi impercettibili come se il suo corpo fosse leggero quanto quello di una libellula. Gli si presentò meravigliosa nel suo abito di velluto che si confondeva con l’oscurità’ della notte, risaltando la sua pelle candida.
Lestat si alzo’ e le andò incontro emozionato, come tutte le volte che si trovava di fronte a lei. Rimase stupito dal suo fascino come la prima volta che l’aveva vista. La prese per mano e senza una parola la condusse tra gli alberi.
Accesero un fuoco e alla luce delle fiamme si abbracciarono restando un tempo indefinito in silenzio. Non erano necessarie tante parole tra loro. Potevano leggersi dentro come in un libro aperto e sapevano sempre ogni cosa ognuno dell’altra.
Il calore del falò era intenso e una musica lieve arrivava da lontano. Di tanto in tanto piccoli esseri della foresta facevano capolino, agitando le loro vesti e gettando frammenti di stelle nell’aria.
Improvvisamente la musica cesso’e una lingua di fuoco si levò in alto nel cielo buio.
Njmue non resistette al desiderio, e in un impulso intrattenibile, reclino’ il capo porgendo il collo alle fredde labbra di Lestat. Lui parve accettare l’offerta lasciandosi trascinare da una volluttà e da una passione da troppo tempo frenate.
Al tocco della bocca di lui sul suo collo, il battito della donna si fece via via piu’ intenso finché alla dolce sensazione non ne subentro’ una piu’ intensa, profonda, che risplendeva nel bianco dei denti del vampiro che stavano per entrare nella sua tenera carne.
Tutt’intorno, nella foresta, il silenzio si fece di piombo e neppure un uccello notturno osò volare sopra di loro.
Tutto durò solo un secondo. Lestat la lasciò cadere a terra e di scatto si alzò in piedi allontanandosi da lei di alcuni passi come terrorizzato da quanto stava per fare, ancora inebriato dal profumo del sangue dell’amata e dalla fragilita’ delle sue membra tra le braccia.
Per Njmue, quello fu il culmine della sua esistenza.
Persino gli angeli ribelli si fermarono commossi di fronte a quell’atto d’amore.
Poco più in là Lestat osservava silenziosamente il volto della ragazza splendere nel suo pallore soffuso .
“No non posso” pronunciò quasi in un sussurro, “non posso portarti con me nel regno delle tenebre”.
Così dicendo alzò le braccia al cielo e, senza neppure salutarla, volò via.
Sulle mani di Njmue apparvero alcune gocce d’acqua. Solo lei capì che erano le lacrime piante dal suo uomo. Quelle lacrime che gli occhi di lui non potevano versare…
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Njmue si sentiva arrabbiata, stanca, ma anche terribilmente disperata.
Non riusciva a togliersi dalla mente il senso di colpa per aver ceduto completamente al desiderio senza pensare alle conseguenze del suo gesto e al giuramento che aveva fatto, a suo tempo alle streghe.
Se non fosse stato per Lestat ora sarebbe diventata una vampira anche lei, uno di quegli esseri che combatteva… ma anche uno di quegli esseri che amava…
Si rendeva conto che sarebbe stato sempre più difficile resistere al richiamo di quella passione che le bruciava l’anima quando era accanto all’uomo che amava.
Doveva trovare una soluzione! Di sicuro escludeva il fatto di non vederlo più, ormai le loro strade si erano unite e non sarebbero mai riusciti a rimanere lontani.
Erano mesi che frugava ansiosamente in ogni libro di alchimia alla ricerca di qualche formula che potesse risolvere quella assurda situazione.
Se ne stava seduta a terra con un marasma di volumi aperti sparsi intorno, gli occhi arrossati e i muscoli intorpiditi. Si sentiva anche debole perché non si nutriva da due giorni ormai, da quella ultima notte con Lestat, non riusciva ad ingoiare nulla di solido e si limitava a bere tisane alle erbe.
Porta e finestre erano completamente chiuse ma una improvvisa folata di vento, sbucata dal nulla, la investì e andò a sollevare tutti i libri in aria, così che ora ruotavano sospesi a mezz’aria come fossero trascinati da una giostra invisibile, finchè quello strano vortice si calmò e ricaddero a terra, tutti chiusi ed in perfetto ordine. Tutti tranne uno, aperto proprio di fronte a lei. La pagina titolava: ” Il fungo della luna “.
Si chinò e lesse tutto in un attimo, avidamente.
Parlava di un fungo che nasceva una sola volta all’anno, nella crepa di una roccia sita nelle vicinanze di acque ferme, in una notte di plenilunio e in una particolare posizione astrale di alcuni pianeti. Questo fungo aveva la particolarità che a chiunque lo mangiasse , per un intero giorno, toglieva ogni maleficio o malattia e riportava la persona alle sue vere origini cancellando ogni cambiamento essa avesse subito .
Si sentì percorrere da un’emozione violentissima. Finalmente aveva trovato una soluzione, anche se troppo breve e provvisoria, era comunque comunque un inizio. Col tempo, magari, avrebbe scoperto qualcosa di più duraturo.
Cercò ansiosamente il libro degli astri e si mise accuratamente a consultarlo finchè giunse a scoprire che la confluenza astrale richiesta sarebbe avvenuta entro un mese.
“Bene” pensò “ occuperò questo tempo per cercare il posto in cui potrebbe nascere il fungo”.
Improvvisamente si scoprì affamata. Si diresse alla dispensa e cominciò a controllare cosa avesse in casa da mettere sotto i denti. Non c’era molto ma per quella sera sarebbe bastato. Il giorno dopo sarebbe andata a fare un po’ di spesa.
Si mise a tavola e iniziò a mangiare.
Da fuori i rumori del bosco giungevano lontani… il tramonto stava lasciando il posto alla notte. Il suo pensiero andò a Lestat.
“ Buon risveglio, amore…”
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L’appartamento era sito in una zona periferica della città. L’arredamento era spoglio, solo poche cose sparse… un tavolo, un paio di sedie e, in un‘altra stanza, un grande armadio e un letto. Alle finestre pendevano spesse tende scure attraverso le quali non traspariva alcuna luce esterna.
Sull’ultima sfumatura rossastra del tramonto, Lestat aprì gli occhi e si sollevò. Il suo sonno era uno stato di immobile vigilanza al quale si abbandonava solo quando non aveva nulla da fare e gli era precluso uscire.
Si sollevò dal letto e si diresse in bagno, non gli occorreva alcuno specchio per comprendere in quale stato si trovasse. Aveva bisogno di una doccia…
Sentì un’improvvisa fitta allo stomaco a cui seguì un dolore lancinante scorrergli per tutto il corpo. Si sorresse al lavandino facendosi forza mentre tentava di aggrapparsi alle poche forze disponibili . Si sentiva incredibilmente debole e ne conosceva bene il motivo…. aveva fame!
Continua….