Il popolo della paura
Erano trascorsi due giorni da quella notte e Terenz, in tutto questo tempo, era restato steso e immobile nel proprio letto. Bianco, freddo, come morto. I fori sul collo,lasciati dai denti di Lestat, si erano rimarginati ma le loro cicatrici sarebbero restate in eterno.
Le finestre della stanza erano state oscurate da pensanti tendaggi che non lasciavano trasparire la più piccola luce del giorno e l’aria, tra quelle quattro mura, era gelida e silenziosa. A turno i componenti del gruppo erano andati controllare il suo stato vitale, ma nulla era ancora mutato.
Le tenebre erano nuovamente calate intorno al cascinale mentre il gruppo era radunato in cucina.
L’ultimo arrivato, Zorah, era un uomo di mezza età dal volto bonario ma dagli occhi freddi e immobili di chi, nella vita, ha già visto troppo per non credere a tutto.
La sua capacità era quella di percepire le presenze non umane, di qualunque tipo, anche a notevole distanza e ancor prima che si materializzassero visivamente. Era evidente che tutto questo dava agli altri una maggior sicurezza.
A parte Lestat, tutti avevano appena cenato ed ora stavano parlando intorno al tavolo quando Terenz fece la sua comparsa nella stanza.
Pallido come un cencio e con gli occhi cerchiati da profonde occhiaie scure, si trascinava sulle gambe in modo incerto e pareva in stato confusionale.
Sarahel fu la prima a correre in suo soccorso, appena in tempo prima che l’uomo cedesse alla debolezza e si lasciasse crollare sul pavimento.
” Che mi è successo? Non mi reggo in piedi e sto malissimo”. Sfarfugliò le parole tra i denti e quasi non si capì cosa aveva detto. Poi girò di scatto la testa verso la strega che lo sorreggeva per un braccio e parve essere percorso da un fremito. I tratti del suo volto cominciarono impercettibilmente a trasformarsi e la bocca si aprì in un ghigno che mostrò i due lunghi canini che gli erano improvvisamente spuntati.
Lestat spinse via Sarahel con un movimento energico e prese Terenz con forza trascinandolo a sedere.
L’uomo lo guardò negli occhi con una espressione piena di stupore e disperata nello stesso tempo. Il vampiro si sedette vicino a lui e, con calma, gli spegò l’accaduto. Non fu facile dirgli che non era più un uomo ma un vampiro e Lestat non potè evitare di sentire ancora il rimorso per quanto aveva dovuto fare. Gli raccontò tutto nei minimi particolari, soffermandosi soprattutto sugli aspetti della sua esistenza che erano fatalmente mutati e su come avrebbe dovuto arginare il desiderio violento di sfamarsi col sangue umano, così come stava accadendo poco prima nei confronti di Sarahel se lui non fosse intervenuto.
Terenz parve faticare a comprendere, poi cadde come in uno stato depressivo e per un pò non disse più nulla. Finchè dalle sue labbra uscirono parole flebili che pronunciò a testa bassa come vergognandosene.
“Sto malissimo. Riesco solo a sentire un folle desiderio di sangue. Mi sta bruciando dentro come a volermi uccidere!”
Lestat si alzò e prese dal frigorifero una bottiglia del sangue di animali con cui si nutriva usualmente lui. La porse a Terenz :” Tieni. D’ora in poi tu cenerai con me e questo sarà il tuo pasto:”
Lui prese la bottiglia con mano tremante e se la portò alla bocca con avidità trangugiando in un attimo tutto il contenuto. Intorno a loro, gli altri assistettero alla scena nel silenzio più assoluto. Dagli occhi di Njmue scese una lacrima di pietà per quella infelice creatura.
Nel frattempo la vita nelle città era diventata un inferno.
Le forze del male infestavano le notti e gli abitanti si barricavano nelle case ai primi segni dell’imbrunire, ma troppo spesso, ormai, capitava che nè le mura nè le porte potessero tenere fuori la morte e la distruzione.
Tanta gente era scomparsa nel nulla, soprattutto giovani. Alcuni erano stati acquisiti come adepti dalle tenebre e ne erano diventati i servitori, altri erano morti e i loro corpi venivano inceneriti per evitare il diffondersi di malattie.
Per le vie, durante il giorno, le madri andavano gridando il nome dei loro figli scomparsi con l’incrollabile speranza di poterli ritrovare e, in un degrado circostante sempre più grande, si consumava la disperazione più totale.
La popolazione tentava di portare avanti una vita il più normale possibile, ed i più ancora non accettavano l’esistenza di un mondo occulto e sempre più presente nella loro esistenza. Pochi erano quelli che si erano trovati di fronte a questi esseri terribili e ne erano usciti vivi per poterlo raccontare. E anche se lo facevano si scontravano con lo scetticismo di chi ostinatamente non voleva arrendersi ad accettare una verità così terrificante.
Sempre più erano i figli generati dall’unione tra umani e demoni che venivano immediatamente imprigionati insieme alle loro madri che avevano l’unica colpa di aver subito,da quegli esseri immondi, la violenza dello stupro. Accadeva poi che il demone tornasse per prendersi il figlio ed uccidesse la donna, ed insieme a lei chiunque si trovasse sul suo cammino.
Si decise così che madri e bambini fossero banditi dalla città e lasciati al loro destino.
Le istituzioni religiose, di fronte a questo ingovernabile caos, cominciarono a rispolverare le vecchie teorie sulla stregoneria e andavano in giro a predicare e a condannare quelle che definivano donne incestuose e peccaminose che si intrattenevano sessualmente con il demonio.
A tutto quanto si era così aggiunto il terrore dell’inquisizione, come tanti secoli addietro, e la paura cresceva come un cancro inarrestabile. Innocenti che con un comportamento strano incutevano anche solo il più piccolo dei dubbi, venivano linciati per strada o tirati fuori a violenza dalle loro case e lapidati sulla pubblica piazza.
Secoli e secoli di civiltà stavano scomparendo inesorabilmente nel giro di pochissimo tempo.
Emissari di Elmet, avvalendosi di sembianze umane, si erano mescolati a quegli umani che si erano distaccati dagli scettici e dai violenti ed avevano compreso l’immensità di quanto stava accadendo, e aveva creato, con loro, gruppi autogestiti a cui veniva insegnato come proteggersi sfuggendo al terrore delle città.
*****
Nelle periferie e nel sottosuolo si radunavano barboni, delinquenti e assassini che, essendo maggiormente esposti ai pericoli, erano i primi ad essere attaccati dagli esseri della notte ed erano anche quelli che, nella maggior parte, finivano poi per incrementarne le fila.
In questo inquietante scenario la vita di tutti, apparentemente proseguiva nella normalità.
Per la maggior parte delle persone era preferibile fingere di non accettare la realtà di quanto avveniva che doversi assumere il dovere di affrontarla.
Le notti erano sempre più lunghe e tetre.
La guerra tra il bene e il male era ancora combattuta negli infratti bui e oscuri, ma sui raggi del sole già cominciavano ad intravedersi le prime gocce di sangue…
La valle dei vampiri
“Svegliati madre!”
La voce le parve provenire da molto lontano e mentre Njmue faticava ad aprire gli occhi, si chiedeva se era stato solo il frutto di un sogno. La stanza era completamente immersa nell’oscurità e lei pensò che fosse ancora notte fonda anche perché, allungando una mano all’altro lato del letto, si accorse che Lestat non era ancora rientrato dalla sua solita missione notturna.
Ormai completamente sveglia si alzò dal letto pensando di scendere e attendere il ritorno del suo uomo.Passando davanti alla grande vetrata aprì una tenda e si accorse, con grande sgomento, che il cielo aveva già acquistato una sfumatura pallida, all’orizzonte, che preannunciava l’arrivo imminente dell’alba.
Il terrore le percorse le vene come un liquido caldo e le irrigidì i tratti del volto. Lestat non era rientrato e la luce del giorno, tra poco, avrebbe inondato la terra.
I suoi pensieri furono raggiunti di nuovo dalla voce del bambino :” Devi andare ad aiutarlo madre, è in pericolo. Ti indicherò io dove trovarlo.”
Uscì dalla stanza quasi correndo e nel farlo gridò il nome dei suoi compagni così da svegliarli.
Messi al corrente della situazione decisero di correre in soccorso a Lestat. Ovviamente Terenz, essendo ormai diventato un vampiro e non potendo più esporsi alla luce del giorno, restò di guardia alla casa.
Zorah, Njmue e Sarahel salirono sul furgone e, mentre il primo guidava, Njmue gli comunicava il percorso da fare seguendo le indicazioni datele dal bambino, una voce che solo lei poteva sentire. Nel frattempo il giorno aveva già fatto capolino nel cielo e la strega sentì una morsa di gelo stringerle il cuore e l’ansia aumentava perchè, nonostante tutti gli sforzi che faceva, non riusciva a stabilire alcun contatto mentale con Lestat.
*****
La grotta era situata nel sottosuolo e sembrava immensa. Poteva essere lì da secoli e secoli , ma il tempo non aveva indebolito minimamente le grosse pareti di roccia. Era di forma circolare con tre grosse colonne centrali che parevano essere state messe lì per sostenere l’alto soffitto. Alle pareti e distanziate vi era una serie di fiaccole che illuminavano una parte della stanza quanto bastava per darle un’aria tetra e lasciando interi tratti al buio più completo.
Lestat si trovava, legato mani e piedi, all’interno di un cerchio inciso sulle pietre che formavano il pavimento, strani disegni e volti spaventosi erano stati accuratamente disegnati all’interno e intorno ad esso e, nonostante la cattiva illuminazione, al vampiro bastò poco per comprendere che era steso su di un cerchio magico che indicava il passaggio per gli inferi.
Intorno a lui, ritti in posizione circolare, tredici figure nere e incappucciate tenevano in mano una candela ma i loro volti restavano nascosti.
“Bentornato a casa Lestat”
A sentire quella voce Lestat si irrigidì. Il vampiro sollevò lo sguardo verso chi gli aveva parlato e, pur non riuscendo a vederne il volto, riconobbe subito colui che lo aveva reso Vampiro.
“Grishor…maledetto!”
“E’ questo il modo di ringraziare chi ti ha donato l’immortalità Lestat? Mi aspettavo un saluto più caloroso da te dopo tanto tempo!”
Dalla bocca gli uscì una risata che echeggiò sinistra.” Certo che se sapevo i guai che ci avresti fatto passare, ti avrei succhiato fino all’ultima goccia di sangue e ti avrei lasciato in pasto ai vermi!”
“Avrei preferito tu lo facessi. Non sai quante volte ho maledetto il momento in cui sono entrato a fare parte della tua razza infame ” Rispose Lestat rabbioso.
“Ha ha ha!E’ proprio vero che non bisogna mai fare del bene alle persone, ti ripagano sempre con l’ingratitudine. Comunque sono qui per porre rimedio Lestat. Sempre che sia ciò che vuoi. Se non mi darai quello che ti chiedo ti spedisco immediatamente all’inferno!”
“E cosa vorresti da me che non puoi prenderti da solo?”
“Tuo figlio Lestat. E la tua donna!”
Lestat diede un sussulto come se lo avessero colpito allo stomaco. ” Beh, Grishor, allora puoi spedirmici subito e la facciamo finita. Se pensi che io te li consegni non hai capito nulla.”
“La vicinanza di quella donna ti ha proprio rimbambito, mio caro amico. Pensi forse che io ti stia chiedendo un favore? Pensi forse che io non abbia in mano nulla per farti cambiare idea ?”.
Così dicendo fece un cenno a colui che gli stava a fianco e questi si allontanò sparendo nel buio. Tornò dopo pochi secondi trascinadosi dietro un ragazzino con le mani legate e la bocca imbavagliata. Solo gli occhi si intravedevano ed erano spalancati e terrorizzati.
Era Emanuel, il ragazzino che Lestat doveva salvare quella notte, se non fosse caduto nell’agguato tesogli dai compagni di Grishor. Con una spinta il bambino fu gettato nel cerchio accanto a lui cadendo rovinosamente a terra.
“Ecco qui la merce di scambio Lestat. Se non accetti lui morirà con te e tuo figlio sarà comunque nostro alla sua nascita, tra pochi mesi, perchè tu non avrai portato a termine il tuo lavoro.Si tratterrà solo di aspettare un pò… Se accetti, avrai salva la vita di questo innocente e la tua, e con esse la speranza di poter proseguire il tuo compito e cambiare le cose. Alla tua donna e a tuo figlio penseremo noi”.
Lestat chiuse un attimo gli occhi e si sentì impotente. Purtroppo Grishor aveva ragione. Se lui avesse permesso che lo uccidessero insieme al ragazzino, le sorti del mondo sarebbero state segnate in quel preciso momento. Comprese quelle di Njmue e del bambino. Ma non poteva accettare quell’assurdo scambio.
“Vai al diavolo essere immondo.” Di fianco a lui Emanuel spalancò ancora di più gli occhi e iniziò a mugolare squotendo la testa.
“Bene Lestat, penso tu abbia bisogno di pensarci sopra qualche minuto. Il tempo necessario perchè noi possiamo iniziare il rito di apertura del varco in cui, tra poco, sarete risucchiati. Se ci ripensi potrai fermare il tutto, altrimenti salutami Satana quando lo incontri!”.
Così detto, iniziò a pronunciare le strofe scritte su di una pergamena che qualcuno gli teneva davanti. Ogni tanto si interrompeva in attesa che tutti gli altri, in coro, ripetessero la stessa cantilena.
Il bambino continuava ad agitarsi in preda al terrore e Lestat non poteva fare altro che ascoltare quel lamento straziante senza poter far nulla per lui. Con molta fatica continuava a tener sollevata la barriera della mente per impedire a Njmue di “sentirlo” ed evitare così che lei potesse accorrere in suo aiuto.
Nella mano di Grishor si materializzò un coltello con delle strane incisioni lungo la parte affilata e con esso impugnato nella mano sinistra e un amuleto in quella destra, si chinò e appoggiò la punta in un punto imprecisato del cerchio.
In quel momento il pavimento sotto di loro sembrò dissolversi ed al suo posto si formò una nebbia rossastra che si sollevò prendendo una forma strana e inquietante.
La cantilena riprese con più voga e le voci alzarono il tono fino a diventare quasi assordanti.
Lestat intuì che mancava ormai poco alla fine del rito e stavano per precipitare nell’abisso che si sarebbe spalancato sotto di loro.
Avrebbe voluto mandare il suo ultimo pensiero a lei, Njmue, ma per proteggerla non poteva fare neppure questo. Chiuse gli occhi ed aspettò la fine.
******
“Levagli il bavaglio padre! Levaglielo!”
La voce gli rimbombò nella testa. Suo figlio lo aveva raggiunto e gli stava parlando, questo significava che Njmue era vicina.
Si voltò verso Emanuel. Il ragazzino lo guardava implorante, come se volesse dirgli qualcosa che lui, ovviamente, non poteva capire. Si fecero un cenno con gli occhi e, senza farsi notare, voltarono tutti e due il volto verso il pavimento così da nasconderlo alla vista dei loro carnefici.
Avvicinò il suo volto a quello del bambino e prese tra i lunghi canini il bavaglio che gli sigillava la bocca e con un violento strattone glielo strappò via.
Emanuel tirò un lungo respiro e chiuse gli occhi. Lestat vide il corpo del ragazzo irrigidirsi completamente fino a diventare un blocco unico. Le mani, legate ai polsi, diventarono quasi nere alla debole luce della stanza.
Poi, improvvisamente, sollevò il volto da terra e, aprendo gli occhi, guardò in alto e spalancò la bocca. Non ne uscì alcun suono ma solo un vento violento e gelido che in poco tempo inondò la stanza.
Gli uomini intorno a loro non ebbero neppure il tempo di capire quanto stava accadendo. Rimasero immobili nella loro posizione, tutti ritti intorno a loro.
Il ragazzo si voltò e guardò il vampiro che gli stava accanto. Anche Lestat non si muoveva più. Gli occhi aperti e le labbra esangui… una rigida statua di ghiaccio…
*****
Njmue fu la prima a raggiungere il grande atrio nel sottosuolo, seguita a ruota dai suoi amici. Per arrivarci avevano dovuto abbattere uno spesso portone situato all’esterno delle mura di quello che doveva essere stato, in passato, un antico maniero.
Varcato il portone i tre seguirono le indicazioni di Njmue e percorsero un corridoio pieno di calcinacci e poi un angusto passaggio, completamente buio, che portava al seminterrato.
Quando Njmue entrò nella stanza rimase sbalordita. Di fronte a lei, in circolo intorno a due figure a terra ,vi erano delle statue di ghiaccio, alcune avevano delle posizioni davvero strane.
Zorah la superò e andò oltre mentre Sarhael rimase di guarda all’imbocco del cunicolo.
“Oh no!” Pronunciò l’uomo quando arrivò in prossimità del punto in cui erano Emanuel e Lestat. ” Ma che è successo qui?”
Entrò nel cerchio e si chinò ad osservare Lestat non osando neppure sfiorare quello che era un unico blocco di ghiaccio. Così facendo si accorse che sotto di lui si stava formando una piccola pozza d’acqua che, piano piano si stava allargando.
Preoccupato guardò ai piedi degli altri uomini e con grande angoscia si rese conto che, entro breve tempo si sarebbero tutti liberati da quello che era stato chiaramente un incantesimo.
Il ragazzo lo guardò a malapena poi si rivolse alle donne e gridò : ” Uccideteli finchè sono inoffensivi. Distruggeteli. Frantumateli in tanti pezzi prima che si scongelino !”.
Zorah si sollevò da terra e disse ” Ci penso io. Una di voi venga a liberare il ragazzo”.
Njmue accorse e solo allora vide che anche il suo uomo era restato vittima della magia.
” Lestat. Oh no, Lestat!”
” Non ti preoccupare tra poco tornerà quello di prima.” Disse Emanuel. ” Ma ora liberami per favore così che io possa darvi una mano”.
Nimue si tolse una scarpa e diede un colpo secco sulla mano di Grishor sbriciolando il ghiaccio e liberando il coltello che ancora vi era impugnato, poi si avvicinò al ragazzo e tagliò le corde che lo legavano ai polsi e alle caviglie.
“Cosa possiamo fare per Lestat?” Gli domandò preoccupata.”Non possiamo attendere che torni in vita, potrebbero arrivarne altri”.
” Nulla. Dobbiamo portarlo via così com’è. Tra poco il ghiaccio che lo imprigiona sarà sciolto, e qualunque cosa noi facessimo ora, rischieremmo di fargli del male.
Gli altri, intanto, avevano cercato armi adatte a quanto dovevano fare. Sarhael aveva trovato una spranga di ferro e Zorah una spada che era stata abbandonata in un angolo della stanza.
Ad uno ad uno cominciarono a colpire le statue dei vampiri lanciando frammenti di ghiaccio ovunque. Miravano alla testa così che, una volta liberata dallo strato di gelo, potevano infierire su di essa con fendenti mortali.
Il fragore dei colpi inferti erano assordanti, ma nauseanti erano quelli provenienti dalle ossa dei crani e dei volti che si squarciavano. Zorah ne aveva decapitati alcuni e le loro teste erano rotolate sul pavimento. Su di esse finiva di infierire Emanuel che si era armato di un bastone trovato nei detriti del corridoio.
“Bisogna finirli prima che l’incantesimo li riporti in vita, altrimenti si ricomporranno e sarà stato tutto inutile !” Gridava il ragazzo mentre, in piena agitazione, controllava ogni vittima accertandosi dell’avvenuta morte.
Fu una carneficina orribile dalla quale ne uscirono sporchi e sfiniti.
Njmue aveva atteso che finissero restando accanto a Lestat e cercando di non udire quei tremendi suoni che la inorridivano.
Quando finirono Zorah le si avvicinò portando tra le braccia delle mantelle prelevate ai vampiri uccisi.
“Forza, avvolgiamolo completamente e portiamolo fuori. Lo caricheremo nel baule così da proteggerlo dalla luce del giorno”. Disse.
Lo coprirono attenti che, anche dopo che si fosse liberato dal ghiaccio, nemmeno un centimetro di pelle restasse esposta al chiarore della luce, poi tutti insieme lo sollevarono e lo trasportarono all’esterno.
Il percorso fu incredibilmente faticoso anche perchè i cunicoli erano strettissimi e non agevolavano certamente il trasporto di un carico così ingombrante.
Alla fine ce la fecero e lo posarono nel baule. Lo coprirono ulteriormente con uno spesso telo nero che tenevano sempre nel furgone proprio per l’eventualità che il vampiro si trovasse all’esterno quando fosse giorno.
Salirono nell’abitacolo e si accorsero che il ragazzo era sparito.
Sarahel scese immediatamente per andarlo a cercare ma non ce ne fu bisogno, appena girò il fianco del mezzo lo vide. Emanuel era immobile di fronte alle rovine della casa. Stava per raggiungerlo e chiamarlo quando si accorse che una fitta nebbia si stava sollevando dalle fondamenta delle mura. Dopo pochi istanti, davanti ai suoi occhi non vi erano più mattoni e infissi, ma una scultura di ghiaccio.
Il ragazzo prese la spranga usata da Sarahel per distruggere i vampiri e cominciò ad assestare colpi forti e ben precisi in un unico punto.
All’improvviso si sentì lo scricchiolìo di una crepa che si era formata nello spessore del ghiaccio, poi il rumore si fece più forte mentre la fenditura si diramava come una enorme ragnatela lungo le pareti.
Quando il tutto crollò su se stesso il boato fu enorme e il terreno tremò come sotto l’influsso di un violento terremoto.
Solo allora il ragazzo, pallido e provato, si incamminò verso i suoi nuovi compagni.
Gli occhi erano pieni di tristezza, ma sul suo volto era apparso un sorriso.
Nessuno di loro si accorse, mentre il mezzo si allontanava velocemente da quel disastro, che tutto il terreno circostante la costruzione si aprì in una voragine ampia e fumosa che la inghiottì completamente. Quel fumo nero, che pareva provenire dal centro della terra, salì al cielo oscurando ogni cosa tanto che pareva fosse calata improvvisamente la notte.
Il contorno di un volto demoniaco prese forma da quella polvere velenosa e si dilatò nelle campagne circostanti raggiungendo le case più vicine e tramutando in cenere ogni cosa su cui si depositava.
La casa dei vampiri era stata distrutta e con essa anche la sua valle.
Ma qualcosa di molto più potente ne era uscito.
E ora vagava libero.
Continua….