Simboli e rituali magici
Molte associazioni segrete moderne come la massoneria o l’ordine dei druidi, basano la propria filosofia su simboli e rituali, dietro i quali celano la propria conoscenza esoterica.
Il potere dei simboli comunicano una determinata realtà ed esprimono una verità profonda, celata anche nelle favole, nei miti, nelle parabole gnostiche, nelle immagini, nei rituali e nei messaggi onirici.
La verità non è mai racchiusa in precetti definiti, ma nella ricerca stessa di essa.
La serietà dei simboli magici
I simboli , che possono essere costituiti da una frase, da una parola o anche da un gesto, sono molto legati ai rituali.
Determinati colori o oggetti assumono significati diversi all’interno di ciascuna associazione segreta, perciò la loro connotazione cambia a seconda del sistema a cui appartengono, quindi l’interpretazione di un triangolo o di un sole da parte di un missone, di un rosacrociato o di una strega moderna, non necessariamente coincide.
Utilizzare simboli e riti non significa semplicemente conoscere le “regole del gioco”: il loro potere è un tema molto “serio” nell’ambito della magia, poichè consente di ottenere effetti reali e concreti.
La magia dei rituali
Il rituale è una pratica sacra, interamente comprensibile solo da chi la interiorizza e la fa propria e difficilmente può essere eseguito dai non-iniziati. In altre parole: non basta conoscere perfettamente gli orari per far partire un treno.
Il rituale viene sempre celebrato in maniera seria e solenne e la sua reiterazione più o meno frequente, ma sempre identica, determina il potere della magia in esso contenuta.
Spesso un rituale consiste solo nella lettura di un lungo testo o di una poesia, seguita da diverse invocazioni di spiriti elementari (silfi, salamandre, gnomi, ondine) e da una complessa conclusione (perorazione).
L’invocazione degli spiriti elementari può durare, come nel “rituale Bornless spiriti” (invocazione dell’Ingenerato) anche 70/80 minuti.
Piccolo spezzone del rituale prediletto da Aleister Crowley, il ” bornless spirit”, che consiste in una lunghissima invocazione detta anche perorazione:
“Io sono Lui!
L’Ingenerato che vede con i piedi.
Forza e fuoco immortale!
Io sono Lui! La verità!
Colui che odia, che porta il male nel mondo!
Io sono colui che tuona e lampeggia !
Io sono colui che sputa fuoco dalla bocca!
ecc….
( Perdonate se non la inserisco integralmente ma personalmente disapprovo questo genere…)
Con questo rituale Crowley invocava il dio dell’antico Egitto Osiride tentandone un unione che poteva trasferigli il potere.
Il pericoloso rito del Chod
Il rito tibetano del Chod, praticato da Alexandra David-Neel (1868-1969), dimostra quanto possano essere pericolosi alcuni rituali descritti nella letteratura magica.
Durante un soggiorno di 14 anni in Tibet, l’impavida ricercatrice si occupò dell’arte occulta locale.
Chi pratica il rituale del Chod si “separa” (nel vero senso della parola) dalle false concezioni che ha di sè, evocando tutti gli spiriti maligni e dando loro in pasto il proprio corpo. Il rito lamaistico Chod si pratica in stato meditativo, immaginando il proprio corpo grasso e brutto, come il gancio da cui pendono ( e dipendono) tutti i desideri più incontrollabili.
La visione continua con una dea della saggezza che appare allo yogi e lo decapita, per poi ridurre a pezzi il resto del corpo. Il tutto viene riversato poi nella scatola cranica, posta sul fuoco come fosse una pentola. L’incredibile luce astrale emanata dalla vittima attira gli spiriti più disparati.
Il rituale del Chod richiede enorme autodisciplina e un carattere forte. Viene praticato per lo più nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura e rientra nella categoria di quelle pratiche magiche che, se esercitate in maniera sbagliata, possono generare notevoli disturbi psichici.
(*** Alexandra D.n. scrisse più di 30 libri sulle sue esperienze di viaggio e di buddismo)
(Da ” L’arte oscura) di Gribaudo-Parragon)