Invocazioni del Potere
Il potere delle parole
Ogni formula magica si fonda sull’idea che alcune parole siano talmente potenti che quando vengono pronunciate possono produrre effetti reali.
Già nell’antichità la parola magica “Abracadabra” veniva utilizzata per combattere le malattie e si riteneva che dispiegasse la sua forza magica solo dopo essere stata scritta undici volte togliendo l’ultima lettera ogni volta. La scritta, alla fine, formava un triangolo con la punta rivolta verso il basso:
Abracadabra
Abracadabr
Abracadab
Abracada
Abracad
Abraca
Abrac
Abra
Abr
Ab
A
Ecco invece alcune formule d’ispirazione medievale, rese celebri dalla saga di Harry Potter e da una serie di videogiochi a essa ispirati:
Alohomora : per aprire le porte.
Baddiwasi : per pulire i buchi delle serrature
Dissendium: per schiudere passaggi segreti
Expelliarmus : per disarmare l’avversario
Finite incantem : per terminare un incantesimo
Peskiwichtli Pesternomi : per portare rovina e sconfitta
Rictussempra : per dare la sensazione di essere solleticato.
Pratica
Sostanzialmente la pratica dell’invocazione consiste nell’imprimere nella mente l’immagine di una divinità o di un demone e di richiamarla (così focalizzata in ogni suo dettaglio) all’occorrenza.
Naturalmente questa pratica è tanto più difficile quanto più astratta è la natura degli dei e demoni.
Molti esseri ultraterreni, per esempio Bael, maestro dell’invisibilità, sono conosciuti solo come forme geometriche.
Per riuscire a evocare qualsiasi entità è dunque estremamente importante conoscerne il nome, poichè esso corrisponde alla sua essenza.
Voce vibrante
L’invocazione si accompagna alla visualizzazione: il nome deve essere articolato con voce profonda, chiara e soprattutto vibrante, poichè le vibrazioni possono risvegliare le facoltà magiche insite nel profondo della coscienza.
Inoltre è necessario visualizzare le lettere che compongono il nome dell’invocato.
Le invocazioni sono implorazioni di demoni o spiriti da parte del mago che li richiama in aiuto. La facoltà più importante per eseguire invocazioni efficaci è l’immaginazione, indispensabile perchè la visualizzazione di simboli e immagini sia chiara e precisa.
Le potenti maledizioni dei Druidi
In Irlanda esistevano donne appositamente pagate per scagliare maledizioni contro altri, spesso in presenza di molti testimoni. Anche i Druidi, però, erano in grando di pronunciare potenti malefici.
I Druidi, i sacerdoti celti con le loro classiche vesti bianche, erano maestri nelle maledizioni, che quasi sempre raggiungevano lo scopo desiderato.
Tutti credevano nel potere dei Druidi,poichè possedevano un’ampia conoscenza della natura e sapevano agire sulla psiche dei malcapitati, impressionandoli e, a volte, spingendoli addirittura alla morte.
Diversi scrittori antichi affermano nei loro testi come spesso i Druidi siano riusciti a sortire i loro effetti anche sui Romani.
Glam dicin: la maledizione più pericolosa
“Glam dicin” era una delle maledizioni preferite dai Druidi celti, che la rivolgevano contro chiunque avesse violato la legge o commesso un omicidio.
Questa maledizione, contro la quale non esisteva alcun antidoto, era temuta in tutto il mondo. Poteva provocare gravi danni alla vittima e, talvolta, era addirittura in grado di ucciderla.
La leggenda vuole che la maledizione sia fallita in un solo caso: una sacerdotessa dell’ordine dei Druidi predisse all’uomo che amava che, se egli un giorno l’avesse lasciata, sarebbe morto prima del calare della sera. L’uomo si innamorò, invece, di un’altra donna. Durante un litigio ferì inavvertitamente la sacerdotessa e ne succiò il sangue dalla ferita. Lei perse allora il suo potere su di lui poichè secondo il credo celtico da quel momento i due erano uniti da un legame di sangue e non avrebbero più potuto condividere il focolare e il letto.
Formule magiche per invocare la fortuna
Le formule e le pratiche magiche possono talvolta sembrare folli o quantomeno bizzarre. Secondo un testo di magia, per esempio, per invocare la fortuna e allontanare la sfortuna, bisognerebbe indossare alcuni capi d’abbigliamento al rovescio, preferibilmente in fase di luna crescente. In seguito è sufficiente accendere una candela e pronunciare tre volte a voce alta la seguente formula:
“Avrò fortuna e successo sempre e ovunque”.
Perchè non provare ?
Il famigerato soffio del drago
Quando si è vittima di maldicenze ingiustificate sul proprio conto è possibile affidarsi a un rituale “culinario”. Per eseguirlo occorrono dolciumi (caramelle, biscotti o cioccolato), uno spicchio d’aglio, una candela verde e una terrina decorata.
1- Riporre i dolciumi nella terrina e posizionarla sul davanzale della finestra, facendo in modo che il contenuto venga illuminato dal chiarore della luna.
2- Accendere la candela e collocarla accanto alla terrina.
3- Con l’aglio disegnare un anello immaginario attorno alla terrina, dicendo ad alta voce: ” Chi dice il male, abbia un alito tale!”
4- Soffiare sulla candela affinch l’incantesimo si compia.
5- Offrite al nemico una caramella o biscotto magico.
L’effetto sarà sconvolgente.
La magia simpatica
Il concetto di magia simpatica si basa sul principio di similitudine fra ciò che bisogna curare e il mezzo utilizzato per farlo. Esistono diversi esempi riconducibili a questa teoria, eccone alcuni.
In passato i pazienti colpiti da itterizia ( con la tipica colorazione gialla della pelle) venivano curati con lombrichi gialli ( che dovevano essere mangiati), ma erano talmente sminuzzati che il paziente non capiva che cosa stesse ingerendo.
L’ulcera si curava con una triplice invocazione: ” Consumati come il legno sul fuoco. Raggrinzisci come lo sterco di vacca sul muro. Evapora come l’acqua nel secchio”.
Il pensiero magico dei Germani ( ma anche di altri popoli) era profondamente incentrato sul principio di similitudine a cui veniva prestata particolare attenzione quando si sceglievano gli strumenti destinati ai rituali magici.
Si prediligevano, per esempio, gli animali noti per la loro forza, velocità e ferocia, piuttosto che creature più miti.
Oggi anche l’omeopatia si fonda sul concetto di similitudine curando “il simile con il simile”.