I teschi di cristallo
( O teschi del destino)
La scoperta
Era l’estate del 1926, quando Anna, la figlia dell’archeologo Mike Mitchell-Hedges, rinvenne durante una campagna di scavi, nei pressi di un antico muro della città di Lubaantun (Yucatan), uno strano ed inquietante teschio di cristallo, privo della mandibola inferiore, che fu ritrovata qualche mese dopo a circa 10 metri di distanza. Quando gli indigeni, che erano al seguito della spedizione archeologica, videro il teschio, lo venerarono ed affermarono che :
“era il dio cui si rivolgevano per venire guariti dalle malattie o per chiedere di morire”.
Subito dopo edificarono un altare presso il quale pregarono e piansero per almeno due settimane.
La leggenda Maya
Il mistero del teschio, è arricchito anche da una leggenda che risalirebbe ai Maya. Tale leggenda racconta che al mondo esistono 13 teschi di cristallo a grandezza naturale, e quando tutti saranno riscoperti e riuniti, trasmetteranno agli uomini tutta la loro conoscenza. La leggenda, però, ci avverte che ciò accadrà soltanto quando gli uomini saranno sufficientemente evoluti ed integri moralmente. Questa leggenda di cui si tramanda una tradizione pressoché orale, ha contribuito molto alla nascita di un mito, quello dei teschi maledetti. Tutto ciò, tra l’altro, non resta immune dal fascino che, per loro natura, suscitano i Maya come popolo.
Chi erano i Maya?
I Maya – quelli a cui si riferisce la leggenda – furono la popolazione più progredita dell’America centro-meridionale del passato, tanto che si meritarono, dagli storici moderni, il soprannome di “Greci d’America”. La loro scienza spaziava dall’arte scultorea a quella delle costruzioni, dalla matematica alla geometria, dalla astronomia alla religione. La loro scrittura si compone di c.d. glifi, una sorta di geroglifici, in via di decifrazione. Della loro vastissima – si presume – produzione letterale, poco o nulla ci è rimasto, per via dell’opera di infausta colonizzazione perpetrata dagli spagnoli. Questi, fregiandosi dietro la fede cristiana, affermavano che tutta l’arte Maya, era opera del demonio o, nel migliore dei casi ne era semplicemente ispirata. Cominciò quindi a compiersi uno dei più grandi crimini mai commessi in nome della religione: la totale distruzione di quasi tutti i codici nei quali erano racchiuse tutte le conoscenze dei Maya.
Lo spessore della perdita inflitta alla cultura dell’umanità può semplicemente intuirsi, ammirando la famosa lastra di Palenque, un concentrato di conoscenze, credenze e simbolismi Maya, resi avvincenti da un complicati intersecarsi di indovinelli, che catturano la mente di chi osserva. Per questo impeto distruttivo, che caratterizzò la colonizzazione spagnola, la storia che noi abbiamo dei Maya è forzatamente lacunosa. Possiamo solo intuire le immense verità che sono andate perdute e, nel contempo, possiamo anche tremare di fronte alla loro sinistra profezia che il mondo potrebbe finire intorno al 22 dicembre del 2012. Non deve sorprendere quindi, che nella ricerca di una risposta riguardo ai Maya, molte volte si sfocia in ipotesi avventate o a teorie più o meno originali, anche il ritrovamento del teschio – in una regione spiccatamente Maya – comporta tutta una serie di interrogativo di non facile soluzione.
Come è fatto il Teschio?
Ritornando al teschio del ritrovamento, è interessante sapere che le sue dimensioni sono perfettamente naturali, cioè: altezza cm. 13, larghezza cm. 13, profondità cm. 18 e peso 5 kg; eccezion fatta per il peso rispecchia le misure di un cranio umano. Non vi sono certezze circa la sua reale funzione nella tradizione Maya, ma soltanto supposizioni ed ancora qualche leggenda che ci informa che
“[…] il teschio veniva usato da un grande e potente sacerdote maya per compiere riti esoterici e che quando il sacerdote invocava la morte per suo tramite, non v’era dubbio che la morte arrivava”.
Da subito esso ha generato delle reazioni contrastanti: chi ne era affascinato, chi ne subiva la presenza, chi giurava di vederlo muovere, chi affermava che emanava profumi. Persino tra padre e figlia Mitchell Hedges non vi era concordanza di sensazioni. Anna era talmente affascinata dal teschio al punto da trarne benessere e compagnia (ne è ancora la detentrice); il padre invece non ne sopportava la presenza al punto da assumere un comportamento ai limiti della nevrosi.
Benché la versione del ritrovamento da parte della figlia sia stata più volte confermata, vi è un inquietante passo nel racconto autobiografico dell’archeologo che dice:
“[…] portammo con noi anche il sinistro teschio del destino, su cui molto è stato scritto. Ho delle buone ragioni per non rivelare come questo oggetto venne in mio possesso… E’ stato descritto come la rappresentazione del male, ma io non desidero spiegare questo fenomeno”.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: come è fatto il teschio? Esso è ricavato da un solo cristallo di quarzo, unico per lucentezza e trasparenza. La sua superficie è perfettamente levigata e risalirebbe più o meno a 3600 anni fa (1400 a.C.). E’ stato fatto oggetto di numerosissime indagini scientifiche, fisiche, antropologiche e sociologiche che hanno portato a risultati sorprendenti.
Il teschio del Brithish Museum
Una prima indagine fu condotta nel 1936 da parte di alcuni esperti del Brithish Museum, che già deteneva un altro teschio di cristallo, meno famoso per precisione, ma altrettanto misterioso riguardo la sua storia. Secondo i documenti del Brithish Museum, il teschio venne acquistato dal famoso gioielliere Tiffany all’inizio del 1898, per circa 120 sterline. L’incaricato della transizione fu un certo Kunz, che in un suo libro sui minerali, cita il teschio dicendo:
“si sa poco della sua storia e niente della sua origine. Fu portato dal Messico da un ufficiale spagnolo qualche tempo prima della occupazione francese, fu venduto ad un collezionista inglese, passò poi nelle mani di E.Boban a Parigi, quindi divenne proprietà di un certo Sisson”.
Riguardo all’ufficiale spagnolo citato da Kunz, non si sa nulla di certo. In realtà la versione dei fatti potrebbe essere diversa; sembrerebbe infatti che il primo proprietario sia quel certo Boban citato da Kunz, che cercò di vendere il sinistro oggetto sia alla Smithsonian Institution e sia al Museo Nazionale Messicano. Entrambi gli istituti rifiutarono l’offerta ed i beni di Boban, caduto frattanto in bassa fortuna, furono venduti all’asta a New York.
E’ qui che nel 1826, entra in scena Tiffany, il gioielliere che acquistò il pezzo. Circa 12 anni dopo, sarà il Brithish Museum ad entrare in possesso di questo teschio. L’arrivo del teschio al Brithish Museum, coincise con una serie di strani eventi. A parte le affermazioni, piuttosto scarsamente provate, di improvvisi spostamenti di oggetti o di improvvise invasioni di profumi diversi ed inspiegabili, fu il personale di pulizia impegnato al museo nelle ore notturne ad alimentare le credenze che attribuivano al teschio strani poteri occulti. Il citato personale, infatti, chiese ed ottenne che il teschio fosse coperto da un pesante drappo durante le ore notturne, affinché si nascondesse l’inquietante sguardo di quell’oscuro oggetto. Questo secondo teschio, permise un esame comparato che dimostrò che il teschio del museo era una copia di quello di Mitchell-Hedges che risultava essere di gran lunga più preciso e raffinato.
Nel 1950, il teschio fu nuovamente esaminato e da tale esame si scoprì:
Che il teschio era messicano;
Che risaliva al 1400 – 1500 d.C.;
Che il materiale era quarzo brasiliano.
Ancora risultati diversi, ed ancora il mistero rimaneva tale. Nel 1964 il famosissimo teschio di Mitchell-Hedges, fu nuovamente esaminato. Gli esami vennero condotti a cura di una notissima azienda di processori informatici (esperti nel quarzo, quindi). I tecnici di tale azienda immersero il teschio in alcool benzilico per studiarne gli assi cristallografici. Questi esami rivelarono che il teschio “fu sicuramente” ricavato da un unico cristallo di quarzo e che fu quasi certamente lavorato mediante lo sfregamento di sabbia fine. Il dato più sconcertante fu che gli esperti stimarono il tempo necessario per ultimare il lavoro in “almeno 300 anni”.
I poteri dei Teschi di Cristallo
Al di là della ricerca storica è interessante sapere quali siano i poteri che possono imputarsi ai teschi di cristallo. Il loro manifestare fenomeni strani è frutto di suggestione, effettivi poteri o solo artifici degli antichi esecutori? Anna Mitchell, tuttora proprietaria del teschio più famoso, racconta come esso
“[…] visto dall’alto è una perfetta lente d’ingrandimento […]”.
La particolarità che più affascina Anna Mitchell-Hedges è quello che, a volte, il teschio presenta dei riflessi di luce dagli occhi che sembrano vivi e tremolanti. L’antiquario Frank Dorland che eseguì sul cranio vari esami, afferma che una volta esso fu circondato da un alone luminoso per parecchi minuti; altre volte si udivano da esso degli scampanellii ed altre volte ancora era possibile intravedere velatamente delle immagini di strani paesaggi. Ci furono anche soggetti facilmente impressionabili che dopo aver fissato il teschio, ebbero problemi psichici.
Ma le storie misteriose legate al teschio non sono ancora finite. Una didascalia in una foto del teschio, opera di Mitchell-Hedges, avvertiva che esso
“fu ritenuto la personificazione di tutti i mali; parecchie persone che si presero gioco di queste affermazioni morirono ed altre subirono gravi malanni”.
Quando il teschio si trovava a New York un gruppo di persone – incuriosite dal clamore che il teschio aveva prodotto attorno a sé – volle vederlo, il direttore del museo acconsentì e incaricò la sua segretaria di esibire il famoso reperto. La ragazza prese il teschio con le mani per estrarlo dalla sua scatola ed una strana sensazione la pervase, al punto da farle credere che il teschio la stesse percuotendo.
Il Teschio e il Demonio
L’apice del mistero riguardo la reale natura del teschio, la si può riscontrare in un aneddoto alquanto misterioso. Quando il teschio era in possesso dell’antiquario Dorland, questi ricevette la visita di un personaggio molto eccentrico: Anton Szandor La Vei, il fondatore della Chiesa di Satana. Egli chiese all’antiquario il teschio in quanto affermava essere una creazione dl Demonio. Dorland si rifiutò congedando La Vei. Durante la notte il riposo della famiglia Dorland fu turbato da numerosi scricchiolii. Il mattino seguente, parecchi mobili e suppellettili apparivano inspiegabilmente spostati da quelle che erano le loro abituali ubicazioni.
Cosa sappiamo?
Il teschio fu ritrovato nel 1926 presso Lubaantum.
Aveva un aspetto sinistro, alimentato anche dall’atteggiamento che tennero gli indigeni.
Suscitava emozioni contrastanti in chi ne veniva incontatto.
Sembrava essere apparentemente senza alcuna utilità pratica.
Quest’ultima affermazione da il destro ad una considerazione semplice ma efficace: perché intere generazioni di uomini si sarebbero prodigati nel realizzare qualcosa di inutile? Un’utilità, isolata od insieme ad altri oggetti, è alla base di qualsiasi produzione dell’uomo, quindi non può tacersi circa la ricerca di un qualsiasi utilizzo del teschio.
La cerimonia del fuoco
Per valutare un possibile utilizzo del teschio per qualche scopo, si può partire da un rito molto importante presso i Maya, cioè la cerimonia del fuoco. Questa cerimonia era una sorta di capodanno Maya, che coincideva con il raggiungimento dello Zenit (Punto in cui la verticale di un luogo (filo a piombo) incontra la sfera celeste) da parte delle Pleiadi (gruppo di stelle nella costellazione del Toro). Per i Maya era la garanzia che per tutto l’anno successivo il sole sarebbe sorto. Era una tradizione ricca di simboli, tra essi, il simbolo del rinnovamento del cambiamento, del nuovo. Una cerimonia che prevedeva anche dei sacrifici, il tutto per ingraziarsi il sole.
La statua del dio sui gomiti
Nel 1873 – circa – venne rinvenuta una statua rappresentante una divinità o un sacerdote disteso sul dorso con le ginocchia piegate ed i gomiti che toccano a terra (una posizione alquanto scomoda, vedi figura a lato). Sul ventre sorregge un riquadro rappresentante il disco solare. C’è molto mistero intorno a questa statua, pare si chiami Chac-Mool, ma questo nome non è da tutti accettato. Secondo la tradizione Maya, il fuoco della Cerimonia del Fuoco veniva fatto sprizzare da un oggetto sacro in legno, posto sul petto della vittima sacrificale. Che questa statua, sia un sostituto di questa vittima? Potrebbe essere, ma non è questo l’obiettivo della nostra ricerca. Il nostro obiettivo è trovare un’utilità pratica al teschio, e di questo abbiamo già buttato le basi.
Il Teschio e la cerimonia del fuoco
Cosa aveva detto l’archeologo Mitchell-Hedges, riguardo al teschio? <<[…]il teschio veniva usato da un grande e potente sacerdote maya per compiere riti esoterici […]>> [vd Parte Prima], e se uno di questi riti fosse proprio la cerimonia del fuoco? Potrebbe essere anche riflettendo su un fatto importante nella cultura Maya. Il sole per i Maya è indubbiamente fonte di vita per eccellenza, ma sanno benissimo che il sole stesso può divenire causa di morte. E’ il sole che regola con i suoi raggi la crescita dei prodotti della terra (e i Maya erano abili coltivatori), ma un lieve scompenso al ciclo solare, una più prolungata esposizione al sole avrebbe potuto compromettere colture intere e di conseguenza la vita dell’uomo. Era quindi presente, nella cultura Maya, l’equivalenza Sole-Vita-Morte, simboleggiata anche da incisioni in cui il sole viene rappresentato come un teschio da cui promanano raggi.
Il Teschio, una lente ustoria?
A questo punto mettiamo in ordine i dati che ci servono:
“[…]il teschio veniva usato da un grande e potente sacerdote maya per compiere riti esoterici […]” (Mitchell-Hedges padre);
“[…]visto dall’alto è una perfetta lente d’ingrandimento[…]” (Mitchell-Hedges figlia)
Il rito secondo cui il sacerdote appiccava il fuoco ad un oggetto posto sul petto di una vittima.
Unendo questi elementi possiamo dire che il sacerdote si serviva del teschio per compiere un rito esoterico molto importante per i Maya. Egli alzava il teschio sulla sua testa e sfruttando la sua trasparenza, la sua proprietà di rifrazione datagli dal suo aspetto convesso (fungeva da lente abbiamo detto), catturava un raggio di sole tramite il quale incendiava l’oggetto sacro, posto sul petto della vittima. Ecco che, in definitiva, il Teschio potrebbe essere una lente ustoria, che simboleggia – oltre tutto – anche il trinomio Sole-Vita-Morte.
Svelato il mistero?
Può considerarsi appagante la tesi che vede il teschio come una lente ustoria? Da un punto di vista culturale e religioso – nell’ottica dei maya – si. Ma francamente, resta l’alone della leggenda che racconta che questi teschi sono 13, che racchiudono un segreto, che l’uomo potrà svelarlo quando vivrà in pace col suo simile. Quando si avvererà questa leggenda? Quali porte ci aprirà? Quelle di una memoria perduta, insieme ad un continente sprofondato nell’oceano migliaia di anni fa? Domande, quindi, solo domande, destinate – per il momento – a restare senza risposta. Risposta che forse è da leggere o interpretare tra i sinistri silenzi degli sguardi che, beffardo, il teschio ci lancia dall’alto della sua impenetrabile antichità.
(fonte: Archivio mmnew)