Il viaggio della strega bambina (ann.8-9-10)
Annotazione 8
La nave doveva salpare la mattina del mio arrivo, ma con la marea è ar-rivata la nebbia e ha portato una calma piatta. È rimasta per l’intero giorno, sfumando tutto come sotto una coltre. Gli uomini scendono sul molo e le donne sbirciano in strada. Le navi possono restare così anche per una setti-mana e più, oppure essere bloccate dai venti contrari. La tensione sale ogni ora che passa. Questi puritani sono gente oculata e ogni scellino speso qui è uno scellino in meno da spendere nel Nuovo Mondo.
Arriva la sera e la nebbia è più fitta che mai. Il capitano del vascello è venuto alla locanda, la faccia carnosa lunga come un violino, a parlare con gli Anziani della chiesa. Loro sono inclini a dire che non c’è scampo, che è la Provvidenza divina, la Sua Volontà, ma hanno proclamato per domani una giornata di umiliazione, predica, preghiera e digiuno. Il capitano va via più cupo che mai, borbottando maledizioni a mezza voce, chiedendosi a che diavolo servirà.
Annotazione 9
Questa mattina la colazione è stata sostituita dalle preghiere, condotte da un uomo che non avevo mai visto prima. È giovane per essere un predica-tore, non deve avere nemmeno trent’armi, alto e molto magro. Portava un cappello tondo da sotto il quale pendevano capelli biancastri striati di gial-lo, lisci come lino. Il colletto lo identifica come ministro ordinato, ed è trattato con deferenza dagli Anziani.
Ho chiesto a Martha chi fosse.
«Elias Cornwell, il nipote del reverendo Johnson. Non è con noi da mol-to, viene da Cambridge».
È giovane, ma sta con le spalle curve e la schiena piegata come un vec-chio. La posizione dello studioso, la chiama Martha. Gli abiti neri gli pen-dono di dosso e i polsi ossuti sporgono dalle maniche come se la giacca fosse troppo piccola per lui. Le sue lunghe mani pallide fluttuavano sulle pagine della Bibbia come ragni, con le dita sporche d’inchiostro dall’unghia alla nocca. Ha trovato il passaggio, ha guardato le teste chine di fronte a lui e si è preparato a parlare.
Mi ricordava un furetto. Il viso è bianco come il latte, con lineamenti minuti che culminano in un sottile naso dalla punta rosa e quadrata. Sem-brava dovesse arricciarsi da un momento all’altro.
Si tolse il cappello e posò su di noi i suoi occhi pallidi, incrociando i miei prima che potessi abbassarli. Lunghe rughe solcarono la sua fronte al-ta e credetti di vedere quel naso sensibile fremere come se avesse appena annusato un intruso. Mi affrettai a concentrarmi sul rozzo pavimento sotto i miei piedi.
Mise il segno nella Bibbia, ma non lesse. Il testo scelto l’aveva imparato a memoria. La sua voce mi sorprese. Profonda e piena a dispetto della fi-gura fragile, riempiva la piccola sala.
«Noi siamo il popolo prescelto da Dio. Il suo scopo per noi è chiaro. ‘Fisserò un luogo a Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché abiti in ca-sa sua e non sia più agitato e gli iniqui non lo opprimano come in passa-to…’»
Stava citando il Secondo Libro di Samuele. La nonna aveva fatto in mo-do che fossi preparata in materia.
La sua ricca voce risuonava al di sopra della congregazione. Le teste an-nuivano leggermente in risposta alle sue parole, le spalle e le schiene on-deggiavano al ritmo della sua predica. Esprimeva convinzioni condivise da tutti.
«Se abbiamo trasgredito, se ci siamo allontanati in qualche modo dalla via del Signore, dobbiamo pregare per il Suo perdono. Dobbiamo prega-re…»
Ascoltai per un po’, perché la sua eloquenza meritava ammirazione, ma più il tempo passava più la mia attenzione divagava. Pensavo per conto mio, cercando di non badare al dolore che saliva dalle mie gambe a causa della posizione scomoda, ma sono abituata alle prediche lunghe e ben ad-destrata a sembrare devota.
Mia nonna andava sempre in chiesa, percorrendo con tutti i climi il sen-tiero che dalla nostra casa nei boschi conduceva al paese, portandomi con sé, anche se non credeva una sola parola di quello che veniva detto ed era-no quattro miglia per andare e quattro per tornare. Ci andava tutte le do-meniche, anche dopo che avevano mandato via il vicario, bruciato i suoi vestiti e preso a martellate le statue dei santi e della Vergine, spaccato le vetrate colorate e portato via l’altare, rimpiazzandolo con un semplice ta-volo. Lei ci andava anche a dispetto della maldicenza che ci circondava e dell’odio che ci seguiva. Non perse mai una funzione, anche dopo che le graffiarono le guance e la punsero con gli spilloni per toglierle il suo pote-re di strega. Non batté ciglio, restò solo lì a testa china, mentre il suo san-gue macchiava il pavimento di pietra.
«Mary? Mary?» Sentii una mano che mi scuoteva. «Le nostre preghiere sono finite».
Era Martha. Mi guardai intorno come se mi fossi appena svegliata. An-che i più devoti si agitavano e si stiravano. Anch’io mi mossi, ma la testa mi girava e barcollai un po’. La presa di Martha si fece più forte. Vidi stringersi i pallidi occhi del predicatore. Per un momento temetti che mi avesse guardata dentro e avesse scoperto la mia vera natura, ma poi la sua bocca, sottile come un taglio di rasoio, si contrasse in segno d’approvazio-ne. Abbassai gli occhi. Aveva preso il mio smarrimento per eccessiva de-vozione. Potevo respirare di nuovo.
Annotazione 10
Le nostre preghiere sono state ascoltate. La nebbia è svanita, scacciata da un vento fresco che soffia costante da est. Mi sono unita ai ringrazia-menti, fervente come gli altri. Sono stufa di indugiare qui, voglio andar-mene.
Lasciammo la locanda e ci avviammo verso la tozza torre che indicava
la porta occidentale della città. Oltre questa, le navi stavano ancorate al molo; al di là c’era il mare. Passammo sotto i grossi archi uno o due alla volta, o in piccoli gruppi, portando i bambini piccoli e il bagaglio, involti di biancheria e utensili da cucina. Ci facemmo strada tra sporcizia e poz-zanghere, cercando di non lasciar cadere le cose, sperando di aver preso tutto, mentre i genitori richiamavano i figli perché non si allontanassero, non si perdessero. Ciascuno, assorto nell’occupazione del momento, avan-zava senza la minima esitazione, anche se quello era il punto di non ritor-no.
Non ero mai stata su una nave, né avevo visto il mare più o meno fino al giorno prima. A me i vascelli parevano enormi. La nostra nave, l’Annabel, sembrava lunga come una strada. Odorava di catrame e legno nuovo. Quando salii a bordo, mi afferrai forte al cavo teso e scricchiolante tra gli alberi sopra la mia testa. Non ero più sulla terraferma.
Quando fummo tutti a bordo e la nave fu carica, ci chiamarono a raccol-ta. Rimasi in piedi con gli altri, a testa bassa, a fissare l’assito del ponte di coperta, levigato e stuccato in modo da non presentare vuoti. Elias Cor-nwell guidò la preghiera mentre la grande nave tendeva gli ormeggi, come se fosse ansiosa di andarsene. Tutto il suo carico umano era silenzioso. Il capitano smise di urlare ordini. Lui e i suoi marinai restarono in piedi a te-sta nuda, solenni come gli Anziani, mentre il pastore invocava la benedi-zione di Dio su di noi e su tutti: «’Coloro che solcavano il mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque, videro le opere del Signore, i suoi pro-digi nel mare profondo’».
Finite le nostre preghiere, ci fecero andare di sotto, nel grande locale comune che sarebbe diventato la nostra casa. Sembrava molto spazioso al-l’inizio, andava quasi da un capo all’altro della nave, ma si riempì subito, tanto che lo spazio per ogni persona si ridusse alla larghezza di un letto.
I marinai sudavano e gridavano sopra di noi, dispiegando le vele e sal-pando la grande catena di ferro dell’ancora, e noi ci riunimmo in piccoli gruppi, ammucchiando e sistemando la nostra roba a formare dei piccoli tramezzi.
«Stipati come la mandria nel recinto» osservai mentre sistemavamo le nostre cose.
«E probabilmente altrettanto puzzolenti». Martha accennò ai buglioli nell’angolo. «Ecco, metti queste nella biancheria. Le ho raccolte nel mio giardino prima di partire».
Pescò nel sacco e mi porse un mazzetto di erbe: lavanda e rosmarino fre-
schi e pungenti e regina dei prati secca, della passata stagione. Il profumo mi riportò al giardino di mia nonna e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Martha fece per parlare, ma la sua voce fu coperta da una salva di grida sopra le nostre teste. Il pesante cavo d’ormeggio ricadde con un tonfo sor-do contro la fiancata della nave. Il movimento cambiò, con oscillazioni continue dall’alto al basso. La vela maestra fece un rumore secco quando il vento la gonfiò e la nave virò di colpo, facendo vacillare tutti. Eravamo partiti…