Il viaggio della strega bambina- ann. 25-26-27
Annotazione 25
Venti contrari ci ostacolano un po’ il cammino, ma la presenza della terra a dritta tiene tutti di buon umore. Il mare pullula di pesce e il capitano ha mandato barche a riva per cercare acqua pulita e raccogliere qualsiasi cibo la terra offra.
Jonah Morse ha preparato una pomata e i tagli sulle mani di Jack stanno guarendo. È stato molto occupato con i suoi doveri, così non ho avuto mol-te occasioni di parlargli, ma lui sa dove sono. Viene nel ripostiglio delle vele dove mi nascondo per scrivere. Ci incontriamo e parliamo, anche se lui rischia la frusta se viene scoperto.
Io parlo poco di me, ma lui in compenso parla per tutti e due. Mi racconta dei posti in cui è stato e delle cose che ha visto. Non so quanto gli devo credere: i marinai sono famosi per inventare storie. Mi racconta anche i suoi piani e i suoi sogni, mi descrive Salem, il porto dove siamo diretti, le graziose case che ci sono lì, e i bei pontili per lo scarico delle navi mercantili. Un giorno costruirà una casa anche lui, dice, ma più grande e più bella, e di pietra invece che di legno.
«Vedrai se non lo faccio».
Io rido, perché non ne dubito, e allora cominciamo a fare finta. Fingiamo che mentre lui è in mare a fare la sua fortuna, io sono a casa ad aspettarlo,
e quando tornerà mi sposerà. Costruirà per noi una bella casa e mi porterà cose per riempirla: mobili da Londra, sete e velluti da Parigi, bulbi di tulipano da Amsterdam. Rido e lui con me, sappiamo che sono fantasie, ma qualche volta mi ritrovo a pensare di notte, prima di dormire, a fare liste nella mia testa, a progettare le stanze della casa, il giardino, addirittura a pensare ai figli che avremo.
Allora mi fermo. Ho visto la vita futura di Jack e non ho visto me stessa con lui. Anche se fossimo fatti l’uno per l’altra e destinati a stare insieme, so che per tutta la vita aspetterei il giorno in cui prenderebbe il mare per non tornare più da me. La veggenza è una dannazione, non un dono. Vorrei non aver mai visto nulla.
«Dove sei scomparsa?» mi ha chiesto Martha oggi, strappando un filo da cucito.
«Sul ponte».
«Non per incontrare di nuovo Jack il mozzo, spero. Oramai le ferite sulle mani saranno guarite, no?»
«No» ho risposto, ma lei sapeva che mentivo.
«Il reverendo Cornwell ha chiesto di te»ha detto, gli occhi fissi sul ram-mendo.
«Cosa vuole?»
«Hai una bella grafia, così dice, e vuole che tu scriva ancora per lui. Stai attenta, Mary» ha aggiunto, avvolgendo la stoffa attorno alle dita sciupate. «La gente chiacchiera».
«Che motivo hanno di chiacchierare?»
«Sei una ragazza sola, prossima a diventare donna. Devi stare attenta a come ti comporti con quel mozzo…»
«Noi siamo amici! Perché…»
«Non solo lui». Martha ha staccato coi denti un altro pezzo di filo prima di ricominciare a rammendare. «Il reverendo Cornwell».
«Cosa?»
«Chiede sempre di te».
«Io scrivo per lui. Certamente nessuno potrebbe pensare…» mi interrompo, atterrita, e mi metto a ridere.
«Sssh!» Martha mi lancia un’occhiata di avvertimento e si guarda intorno nella cabina affollata. Anche le coperte hanno orecchie. «Qualcuno pensa che lui sia decisamente un buon partito per una ragazza nella tua posizione».
«Be’, io no!» Sento la rabbia che monta. «Io… io penso che… Ecco, lui,
lui…» scuoto la testa. «Non ci pensa nemmeno, a me. Sono di rango troppo basso. Ti stai sbagliando».
«Forse». Martha scrolla le spalle. «Ma conosco il modo in cui un uomo guarda una ragazza. Tieni» dice, porgendomi tessuto, ago e filo. «Continua con questi».
«Che stai facendo?»
«Una trapunta». Martha si guadagnava da vivere come merciaia e sarta, e ha portato quello che restava dei suoi scampoli. «Dicono che gli inverni sono duri laggiù, e non c’è niente di meglio di una trapunta per tenere lontano il freddo. Pezze di questa lunghezza non sono buone ad altro». Distende le pezze davanti a me. Lane e tele scure, di vari toni di marrone e nero, verde sottobosco e indaco. «Uniscile insieme. Sei brava a cucire, Mary, e questo ti terrà fuori dai guai». Guarda con occhio critico le mie dita macchiate d’inchiostro. «È un’occupazione adatta a una donna, molto più dello scrivere». Scuote il lavoro fatto fino a quel momento. «E per come vanno le cose, direi che dovremmo cominciare a lavorare al tuo corredo».
Mi strizza l’occhio, ma io non ricambio. So che in parte sta scherzando, ma il matrimonio! Non ci avevo mai pensato, a parte nei giochi. Non vo-glio pensarci in nessun altro modo, ma Martha è la mia unica protettrice e non è il caso di contrariarla, perciò chino la testa e passo i pomeriggi a cucire come una brava donna di casa.
Annotazione 26
Ci avviciniamo alla fine del nostro lungo viaggio. Siamo entrati in una grande baia punteggiata di molte piccole isole. A ovest c’è una serie di alte colline. Jack indica i punti di riferimento sulla costa: Mount Desert, le Campden Hills, Agamenticus, Cape Porpoise, Pascataquac. Di molti si co-nosce solo il nome indiano, altri sono stati battezzati dai marinai. Il vento soffia da terra con un profumo di giardino, di alberi e germogli. Guardo il mare che si getta contro alte scogliere ammantate di foreste verdi e scure. La costa sembra impenetrabile. Priva di vita.
Annotazione 27 (metà giugno? 1659)
Ieri notte abbiamo calato l’ancora al largo tra Capo St. Anne e le isole di Shoals, aspettando il vento giusto che ci conduca in porto. Al risveglio abbiamo visto Marblehead apparire all’orizzonte a ovest, ma poi è salita la nebbia, confondendo tutto e rallentando la nostra corsa verso Salem. I marinai scandagliavano a intervalli di pochi minuti, riportando le profondità al capitano. La rotta principale passa attraverso due isole e l’entrata in porto è stretta e pericolosa.
La nebbia si è diradata dopo mezzogiorno, permettendoci di avere la prima visuale di abitazioni umane da quando abbiamo avvistato terra. La gente si è affollata sul ponte per vedere le navi aggrappate ai pontili come insetti. Oltre i moli si ergevano i larghi edifici quadrati e i tetti a punta di Salem.
Equipaggio e passeggeri sono in fermento, ma io non condivido l’allegria generale. Non so cosa ha in serbo per me questo posto. La nave mi è familiare, è stata la mia casa. Preferirei restare a bordo.
Stavo guardando fuori dalla poppa quando Jack è saltato giù dal sartiame, leggero come un gatto.
«Ecco, Mary, questo è per te».
Era la moneta ricevuta per l’avvistamento. Era spezzata in due.
«Mezza per me e mezza per te. Tienila in mio ricordo».
«Sei venuto a dirmi addio?» Mi sono sentita più disperata che mai.
«Mi sa di sì. Per ora, comunque». Ho guardato verso la costa che si avvicinava. «Presto saremo in porto e dovrò darmi da fare».
«Ma ci vedremo in città!»
Ha scosso la testa. «Temo di no. Partiamo per Boston con la marea del mattino. Ecco perché ho pensato di dirti addio ora. Più tardi potrebbe non esserci il tempo».
Non sapevo cosa dire. Non immaginavo che ci saremmo separati in questo modo, non mi aspettavo che succedesse così presto. Jack è come il fra-tello che non ho mai avuto, e anche di più. Ho voltato la testa, confusa.
«Non essere triste. Tornerò a trovarti. Questa» ha stretto la mezza moneta, «questa sarà il pegno. Un giorno le due metà saranno riunite. Hai la mia parola. Non ti dimenticherò mai, Mary, e non romperò mai il giuramento».
Si è chinato verso di me come per baciarmi, ma in quel momento è risuonato un grido.
«Ehi, Jack! Ragazzo! Sali sulla coffa!»
Lui ha fatto per andarsene, ma poi mi ha baciato lo stesso. Mi è sembrato di vedere il capitano sorridere, poi Jack è scappato su per il sartiame. L’ho guardato sedersi nella coffa, piccolo come un giocattolo. La bocca mi bruciava e stringevo forte lo scellino spezzato. So che è l’ultima volta che lo vedrò.
Continua…